Recensione
di Simone Giustetti e Alberto Conte
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Serie alquanto singolare, non solo perché incentrata su una protagonista femminile (evenienza estremamente rara fino a pochi
anni fa nel panorama fumettistico), ma soprattutto per la quantità sconcertante di citazioni letterarie e l'indubbia qualità
delle storie.
Correndo il rischio di abusare dell'aggettivo, si potrebbe definire Cybersix una serie "colta", quantomeno "adulta",
se posta a confronto con la mole di carta stampata che affolla gli scaffali delle edicole e dei negozi specializzati.
La genesi della creatura numero 6, appartenente alla serie Cyber, ricorda quella del Novello Prometeo di Mary Shelley: dal
modello letterario, però, Cybersix si discosta sotto molti aspetti. I ruoli, innanzitutto, sono invertiti.
La creatura di laboratorio, infatti, rappresenta il lato luminoso della natura umana, mentre a calcare il tetro palcoscenico del male è il
di lei padre: il Dott. Von Reichter, geniale quanto folle scienziato nazista, scampato alla giustizia internazionale, rifugia
ndosi nella giungla amazzonica. E' una saga di crescita, d'appropriazione d'identità e d'amore: quello travagliato tra
l'eroina, che deve dividere i suoi giorni con uno scomodo alter ego, ed il giornalista Lucas Amato, da cui avrà un figlio.
L'avvenimento, oltre a costituire il coronamento della relazione tra i due, celebrerà la dimensione umana della protagonista
e la sua piena appartenenza al sesso femminile. Due temi alla base del plot e trattati con sensibilità da Trillo, attento a
non banalizzare o cadere in comodi stereotipi.
La serie mensile riprende dal punto in cui si erano interrotte le storie brevi, presentate sul settimanale Skorpio del
medesimo editore. Nei primi numeri furono introdotti molti nuovi comprimari, allargando il cast dei personaggi e
aggiungendo pedine ad una già variegata scacchiera. È forse il periodo più felice della serie che, è andata progressivamente
peggiorando.
Un calo qualitativo particolarmente evidente nella manciata di numeri che precedono e seguono la nascita del
figlio della protagonista.
La coppia di autori non ha saputo rinnovare il tono delle storie, che è ristagnato nell'
autocommiserazione, nella disperazione e nel dolore, trascinandosi stancamente per molti numeri in situazioni ripetitive.
Si avverte un miglioramento solo nelle ultime storie apparse, quando ormai era troppo tardi per evitare la chiusura
definitiva. Paradossalmente, il penultimo numero, cronologicamente ambientato precedentemente all'inizio della serie, è
uno dei migliori.
Il finale scritto per il numero conclusivo è, forse, un po' affrettato, a tratti approssimativo, ma nel complesso convincente.
Va reso merito agli autori di aver voluto dare una conclusione alle vicende della "fantastica creatura della notte", evitando
imbarazzanti cali ulteriori: esempio di autocritica non abbastanza seguito nel panorama dell'arte sequenziale.
Il tratto di Meglia è fresco ed agile, dall'impronta cartoon: ben si adatta sia alle situazioni cupe, sia alle trovate
comiche, cui Trillo ricorre per alleggerire la carica drammatica di alcune vicende. Durante i sei anni della serie,
parecchi collaboratori hanno coadiuvato il disegnatore dedicandosi alle chine. L'aspetto del prodotto finito varia molto,
ma i risultati sono sempre apparsi di buon livello.
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